Studi, ricerche e collegamento fra le associazioni

Dirigere è collegare storie e sogni

Dirigere è collegare storie e sogni

PERCORSO FORMATIVO PER DIRIGENTI E QUADRI
NAZIONALI DI ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO

Perchè questa iniziativa

Il percorso che qui si propone a dirigenti e quadri delle organizzazioni di volontariato (OdV) intende colmare una lacuna nell’offerta formativa rivolta alle OdV, abitualmente attestata su percorsi intorno ai riferimenti valoriali o alle dimensioni tecniche (afferenti all’oggetto di lavoro specifico dell’associazione: protezione civile, soccorso, ambiente, relazione di cura, eccetera) o burocratiche (redazione di bilanci, statuti, raccolta di fondi, eccetera), ma assai poco attenti alle competenze necessarie per il governo dell’organizzazione.

Tali competenze ci sembra si collochino su due livelli:

  • il primo riguarda la gestione delle risorse umane (i volontari) le cui motivazioni vanno modificandosi di pari passo con le profonde trasformazioni che stanno attraversando la nostra società e che vanno continuamente “rinfrescate” ai volontari, in modo da tenerli coesi sulla missione associativa;
  • il secondo attiene alla messa a punto di strategie di rapporto con gli attori sociali e istituzionali del territorio per gestire le ricadute che i veloci cambiamenti sociali di cui prima si è detto stanno producendo nelle forme della partecipazione democratica e nella configurazione del welfare.

La gestione delle risorse umane

Riguardo al primo livello va segnalato come le tumultuose trasformazioni epocali che stiamo attraversando, insieme ad opportunità innegabili – globalizzazione dei diritti, aumento nei diversi popoli della percezione di avere un destino comune – abbiano finora depositato nella vita quotidiana di persone e famiglie numerose e notevoli criticità: la necessità di correre come dannati, l’illusione di non avere limiti, la pressione a cogliere tutte le opportunità (nella convinzione che sia possibile fare tutto ciò che viene proposto), l’obbligo di essere sempre perfetti e prestativi (la teologia nascosta nel pensiero unico dominante veicola una sorta di idolo tecnologico-macchinico), la trasformazione fisica e demografica dei territori, ma soprattutto lo sbriciolamento dei legami sociali (che ha prodotto l’idea che “familiare – o comunque individuale – è bello” e “sociale è brutto “).
Le conseguenze di queste criticità sono facilmente immaginabili: una vita trafelata, la percezione di essere perennemente inadeguati rispetto alla perfezione del modello tecnologico, un’esistenza “dopata”, perennemente al di sopra dei mezzi di cui si dispone, l’indebitamento crescente, lo spaesamento rispetto a un contesto in cui non ci si riconosce più, ma soprattutto l’assenza di luoghi per rielaborare queste difficoltà.
Questa  situazione non può non avere ripercussioni consistenti sui volontari, che non vivono in un limbo astratto, ma abitano le contraddizioni, le criticità e le potenzialità di questo mondo ‘silenziosamente sconquassato’ da possenti ‘rivoluzioni epocali sotto traccia’.
Anche se il volontariato continua ad essere il deposito più significativo di capitale sociale per la ricostruzione di legami comunitari, su scala nazionale ed europea viene segnalato un trend relativo alla crescita di e/o impegno volontario pensato innanzitutto per sé (per la crescita personale del singolo individuo, un come ricerca di un luogo protetto rispetto ad una società troppo esigente); niente di grave se ciò servisse a ridimensionare certe idealizzazioni salvifiche della figura del volontario, promuovendo l’evidenziazione dello scambio che è sempre sotteso ad ogni attività volontaria; più preoccupante è invece il rischio dell’atrofizzarsi della spinta costruttiva di nuovi legami sociali dotati di senso, che è invece il patrimonio più prezioso portato in dote dal volontariato  in questo tempo di grandi trasformazioni.
Così accanto all’individualismo dei nuovi volontari, si nota un logoramento di chi ha più anzianità di servizio, una forte difficoltà nel ricambio dei dirigenti e una diffusa resistenza nell’afflusso delle giovani generazioni.
Chi esercita responsabilità di governo nelle OdV è così chiamato a leggere le modalità con cui gli obiettivi dell’associazione si intersecano con le aspettative dei volontari e i loro, inevitabilmente più complessi e sofferti, itinerari esistenziali, inventando nuove procedure di lavoro per comporre le differenze (ad esempio percorsi di accompagnamento all’ingresso per chi decide di avvicinarsi al volontariato).
Se il “carburante” con cui funzionano le OdV sono le motivazioni dei volontari (e dunque le dimensioni affettive, le aspettative di intraprendere itinerari di crescita), a chi dirige queste organizzazioni è chiesto di comporre e ricomporre instancabilmente equilibri che, in un tempo mobile e perturbato come quello presente, vanno facendosi più delicati.

La definizione di strategie verso l’ambiente esterno

Quanto al secondo livello di competenze (attinente alle strategie verso l’ambiente esterno), va posta attenzione al fatto che, nel complesso processo di “decostruzione-spacchettamento” del sistema dei servizi socio-sanitari nati con la L. 833/78, in atto da una quindicina di anni nel nostro Paese, il volontariato (specie quello di maggiori dimensioni) assumendo progressivamente, anche in seguito a incentivi prodotti da provvedimenti legislativi, la co-gestione di parti significative di servizi, ha spesso diminuito la funzione – esercitata negli anni ’80 – di avamposto per sperimentare nuove modalità di gestione di problemi da suggerire alla Pubblica amministrazione, finendo per venire considerato, nell’immaginario degli addetti ai lavori e dei soggetti più attivi della società civile, un “pezzo di establishment”.

Questo processo di decostruzione del welfare registra ormai una forte polarizzazione tra due opposte tendenze:

  1. la prima si muove  nella direzione dell’esternalizzazione dei servizi a soggetti forti (cooperative sociali di tipo “A” di dimensioni consistenti, organizzazioni private for profit, specialisti privati) ed è centrata sulla logica del mercato (come fattore in grado di produrre efficienza e qualità) e della dimensione tecnico-strumentale; è una strada che sa attrarre risorse economiche e attiva competenze tecniche, ma che spesso sottovaluta la vicinanza e l’ascolto necessari per leggere e gestire i problemi sociali e  il rischio di costruzione/consolidamento di caste che una selezione sulla base del reddito inevitabilmente produce;
  2. dall’altro lato una tendenza verso l’auto-organizzazione di risposte da parte della società civile (associazioni di familiari, sistema informale di cura tramite le “badanti” ecc… ); alla maggiore flessibilità e vicinanza ai problemi della comunità locale che possiamo riscontrare in questa prospettiva rispetto a quella descritta al punto precedente, fa da pendant però una frequente sottovalutazione dell’esigenza di supporti tecnico-professionali nella costruzione di risposte a questi problemi.

Il rischio che si corre è quello di una scissione radicale tra vicinanza ai nuovi problemi e investimenti economico-progettuali: la gestione dei piani di zona previsti dalla L.328/00, si dibatte, con alterne fortune nelle diverse regioni italiane, intorno a questo nodo.
Per il volontariato c’è il rischio che mentre le organizzazioni di maggiori dimensioni e storia vengono attratte nella prima tendenza (non necessariamente per “appetiti” di potere, ma per le richieste di assunzione di compiti rivolte loro da istituzioni che faticano a fronteggiare i nuovi disagi sociali), le organizzazioni di minori dimensioni o di più recente costituzione o ancora con minore grado di formalizzazione, siano portate naturalmente a collocarsi nella seconda prospettiva (quella dell’auto-organizzazione della società civile). È consistente dunque il pericolo che si crei una frattura interna al volontariato, tra organizzazioni “in” e organizzazioni “out”, vale a dire fra chi, essendo più vicino alla cabina di regia istituzionale, si vede proiettata addosso l’immagine dell’establishment (e al contempo sembra spesso guardare con distanza o sospetto alle nuove forme organizzative che crescono nella società civile), e chi, essendo più vicino a queste nuove forme (o addirittura incarnandole), spesso non sente di appartenere allo stesso ‘mondo’ di cui fanno parte le organizzazioni di maggiori dimensioni.
Ciò  produce una consistente divaricazione degli immaginari: mentre dall’esterno il volontariato è visto come un mondo unitario e coeso, all’interno di esso esistono immaginari differenti cui corrisponde una realtà molto articolata.

In questo contesto è richiesto ai dirigenti delle OdV non solo di posizionarsi nel nuovo ‘mercato sociale’ che si va configurando, ma anche di intervenire attivamente nell’ambiente esterno modificandolo al fine di attivare strategie volte a costruire connessioni  tra:

  • piccole e grandi Odv (quali diversi ruoli possono giocare nei nuovi processi di concertazione?)
  • volontariato formalizzato e volontariato informale (quale rapporto costruire tra organizzazioni più longeve e più strutturate e nuovi fermenti della società civile? come renderli visibili e collegarli senza “normalizzarli”? come tessere reti senza inglobare?)
  • volontariato e cittadini (attraverso quali percorsi le organizzazioni forti, con un consistente riconoscimento anche da parte delle istituzioni, possono  promuovere un volontariato di prossimità, di cittadinanza attiva, di impegno per “il bene comune”, dove il punto centrale diventa il territorio con i suoi problemi più che l’organizzazione con le sue esigenze?)
  • volontariato e istituzioni (attraverso quali percorsi è possibile che il volontariato riprenda quel ruolo che ha avuto negli anni ’80, di cassa di risonanza tra le esigenze della gente e le istituzioni, di anticipatore di una pronta risposta in attesa della risposta dei pubblici poteri, di coraggiosa proposizione di nuovi punti di vista su problemi che le istituzioni per loro natura non sono in grado di vedere).

Caratteristiche del percorso formativo

Le  competenze complessivamente in gioco della funzione di dirigente attengono  dunque alla gestione delle risorse umane, alla definizione di procedure di lavoro, al rapporto con l’ambiente esterno (si tratta di tematiche, come si è detto, affrontate  raramente nei percorsi formativi tradizionali e di solito prendendo a prestito quadri di riferimento propri dell’area profit-aziendale).

Il corso di formazione si propone  di sostenere e rafforzare la crescita di tali  competenze, collocate a cavallo tra interno ed esterno dell’organizzazione, rivolgendosi in questa prima fase a un numero limitato di partecipanti (non oltre 30) provenienti da tutto il territorio italiano, attraverso 3 appuntamenti residenziali (dal venerdì pomeriggio alla domenica mattina) sviluppabili tra novembre 2010 e aprile 2011.

Questo primo corso sperimentale ha anche l’obiettivo di creare un prototipo da ripetere in modo più ampio. Per questo motivo il corso sarà rivolto ai soci che contribuiranno a testare la proposta formativa ed a suggerire – a fine percorso – le modifiche e le integrazioni che potrebbero risultare utili e necessarie. Data la particolare caratteristica del corso, la partecipazione sarà ad invito ed a carico del CNV per le spese di vitto ed alloggio a Lucca (tranne una minima quota di contributo richiesta per ciascun partecipante).
Il percorso si propone come sperimentazione di un modello che il CNV vorrebbe promuovere ciclicamente su scala nazionale.
Poiché si lavorerà con un unico gruppo, si potrà flessibilizzare la metodologia (comunque centrata su un ruolo attivo dei partecipanti) e i temi sulla base delle esigenze dei partecipanti che saranno anche chiamati a produrre materiali tra una sessione e l’altra (con un sostegno on-line e telefonico da parte del conduttore e di un tutor)
La conduzione del percorso è affidata al dr. Gino Mazzoli dello Studio Praxis di Reggio Emilia, che ha una lunga esperienza di formazione, ricerca e consulenza con il mondo del volontariato in tutto il nostro Paese.

Programma di formazione per dirigenti associativi
novembre 2010 – aprile 2011

Prima sessione: 19-21 novembre 2010

Gestire organizzazioni di volontariato in un modo che cambia

  • le trasformazioni sociali in atto e le sfide che pongono alle associazioni di volontariato
  • volontari che provengono da questo mondo in trasformazione: come cambiano i nuovi volontari e le motivazioni  di chi è già volontario
  • modalità attivate dai partecipanti per gestire queste novità e criticità incontrate

Seconda sessione: 18-20 febbraio 2011

Dispositivi per la gestione interna delle organizzazioni di volontariato

  • la gestione delle risorse umane
  • definizione di ruoli e funzioni
  • le procedure
  • i volontari come portatori di  desideri e aspettative spesso implicite
  • la gestione delle attività formative
  • il ricambio generazionale
  • il reperimento dei nuovi volontari
  • le procedure di accoglienza delle nuove risorse

Terza sessione: 8-10 aprile 2011

La gestione delle interazioni delle OdV con l’ambiente esterno

  • leggere una Comunità con i suoi problemi e le sue risorse
  • progettare con altri attori sociali
  • lavorare nelle sedi istituzionali
  • valutazione conclusiva del percorso

Informazioni

Per informazioni rivolgersi a Antonella Paoletti o Claudia Coronato presso la segreteria organizzativa del Centro Nazionale per il Volontariato (tel. 0583 419500, fax 0583 419501, e-mail cnv@centrovolontariato.it).

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